La
pittura di Adler dei primi anni (1994-2000) è concentrata quasi
completamente sulla figura umana, con un tipo di rappresentazione
molto vicina a quella dei Surrealisti.
L’accostamento di oggetti, persone o situazioni distanti tra loro
serve all’autore per lasciare a chi guarda la massima libertà
di interpretare e collegare i vari elementi delle opere.
Per
Adler la figura umana coincide quasi sempre con la figura femminile.
La donna diventa il simbolo dell’umanità più esposta,
e la sua nudità è da intendersi come un veicolo per
accentuare la fragilità dell’individuo o per indicarne la purezza
delle origini, fino alla volontà di stabilire una uguaglianza
di fondo tra i soggetti di uno stesso quadro.
Questo
primo periodo si è via via modificato, fino ad arrivare a oggi,
in favore di una maturità stilistica sempre maggiore, dove
la figura ha iniziato a scomporsi e ad associarsi a lettere, numeri,
frasi illeggibili, fino a formare un alfabeto del tutto personale
che in alcune tele sembra formare arcani rebus dall’oscuro significato.
L’aria
che si respira in queste opere è un’atmosfera di malinconica
e silenziosa attesa, priva di movimento se non interiore. Queste figure,
alterate nelle forme o senza connotati precisi, sono esempi dell’essere
umano incompleto per natura, e fanno riferimento soprattutto all’uomo
“moderno”, con la sua condizione disperata in una società che
gli sottrae la sua soggettività, cercando di uniformarlo ai
suoi simili.
Attento
osservatore delle relazioni umane, Adler con le sue tele reclama la
propria libertà e l’ indipendenza del proprio atto pittorico,
e ci propone, con le sue visioni, di estraniarci dai contesti falsamente
razionali, che ci tolgono progressivamente la nostra individualità
fino ad elevare l’aridità a sublime virtù.